
  
L'entrata nelle BR
 La scelta della lotta armata è ormai irreversibile, dopo i fallimenti di LAPP e FAC, Morucci e Faranda, accantonando le diversità ideologiche, entrano, come regolari nelle Brigate Rosse
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La scelta della lotta armata 
Valerio Morucci ed Adriana Faranda hanno ormai da tempo  fatto una scelta precisa: la lotta nei confronti dello Stato va fatta anche e  soprattutto con azioni violente al di fuori della legalità. 
Morucci ha intrapreso questa strada già all’inizio degli  anni 70, diventando, il “coordinatore” di “Lavoro Illegale” la struttura  parallela di Potere Operaio. 
Dopo il congresso di Rosolina del giugno 1973 e lo  scioglimento di Potere Operaio vengono meno anche le azioni illegali del  gruppo. Molti dei militanti di Pot.Op. continuano la loro attività nei Comitati  Comunisti. A Roma ne nascono alcuni. Il più numeroso è il Comitato  Comunista Centocelle (CO.CO.CE.) Le lotte sono, più o meno quelle di Potere  Operaio: le autoriduzioni delle bollette, la mobilitazione nelle scuole,  l’occupazione di case. Anche Morucci e Faranda aderiscono ai Comitati Comunisti  che sono uno dei gruppi più importanti delle formazioni antagoniste. 
La restaurazione 
Nel paese le cose stanno cambiando in fretta. La sinistra  extraparlamentare è in grande crisi. Potere Operaio, si è sciolto nel  1973. Lotta continua, anche lei in netta difficoltà, ha tentato alle  politiche del giugno 1976, tra mille polemiche, la via parlamentare, presentandosi  insieme a PdUP, Avanguardia Operaia e a ciò che resta del Movimento  Studentesco. La nuova coalizione: Democrazia Proletaria, ha avuto un risultato  estremamente deludente: solo 1,5% dei voti con sei deputati eletti di cui uno,  Mimmo Pinto, di LC. Il flop segna la fine del movimento che dilaniato dalle  polemiche si scioglie al congresso di Rimini solo 3 mesi dopo. 
Sul fronte dei lavoratori la situazione non è migliore. Le  lotte spontanee e le contestazioni ai sindacati “ufficiali” sono un antico ricordo.  Cgil, Cisl e Uil hanno ripreso il controllo delle rivendicazioni operaie.  L’avanzata del Pci alle politiche ha portato alla formazione del 3° Governo  Andreotti, il così detto governo della non sfiducia, un monocolore  democristiano che si regge sul appoggio esterno del PCI. Quasi in contemporanea  alla formazione del governo, i sindacati elaborano un documento in cui  affermano che la classe operaia è disposta a fare sacrifici per il  miglioramento dell’economia del paese. Ed infatti uno dei primi atti del nuovo  governo è un decreto legge che blocca la scala mobile, una delle rivendicazioni  principali delle lotte operaie dei primi anni 70. 
  
          Manifestazione a Roma del Collettivo Comunista di Centocelle
I Co.Co.Co. e le FAC 
La spinta restauratrice che investe il paese rende sempre  più impellente una precisa scelta di campo sul tema della lotta armata e sul  suo utilizzo all’interno del movimento antagonista.
  Nei Comitati Comunisti, come in tutta la sinistra  extraparlamentare, la discussione diventa sempre più accesa. Ci sono coloro che  pensano che le lotte proletarie, pur nella loro asprezza, devono rimanere negli  ambiti della legalità. Altri vedono invece nella lotta armata l’unico modo per  tentare di opporsi alla nuova offensiva padronale. Questa parte dei CO.CO dà  vita ad una nuova struttura illegale: le FAC. 
Faranda e Morucci che già hanno provato a costruire, con  risultati fallimentari un’organizzazione armata, i LAPP (Lotta Armata per il  Potere Proletario), sono tra i fondatori delle FAC (Formazioni Armate  Comuniste).
  Tra la fine del 1975 e la metà del 1976 le FAC compiono  diverse azioni, la più importante delle quali è il ferimento di Giovanni  Theodoli, presidente dell'Unione Petrolifera Italiana. 
La discesa a Roma delle Br 
Proprio in quei mesi le Brigate Rosse stanno tentando lo  sbarco a Roma. Consapevoli della crisi delle istanze più radicali nelle  fabbriche del nord, decidono di alzare il tiro e colpire il “cuore dello  Stato”. 
  In fabbrica non si mordeva più, incombeva un senso di  sconfitta, non bastava l’azione armata a dissiparlo. C’è stato un momento in  cui s’è detto: basta non ha più senso colpire i capi, le dinamiche sono fuori.  Se l’alternativa dipende dal mutare degli equilibri nello stato, è chiaro che  nei nostri ragionamenti pesano di più i discorsi che si fanno a Roma, i  progetti e processi politici al centro, gli accordi e scontri tra partiti.  Questi diventano gli elementi di valutazione e questo c’induce a costruire  finalmente una colonna a Roma. Ci andiamo nel 1975. Mario Moretti , Brigate Rosse, una storia Italiana (Anabasi, 1994)
A Roma prendono contatti con le altre formazioni che  praticano la lotta armata. I NAP (Nuclei Armati Proletari) che operano al Sud  ed le FAC di Morucci
  …li avevo rincontrati a Roma poi, verso la fine del 1975.  Erano arrivati qui da poco e avevano stretto un patto d’azione coi NAP. Loro  erano arrivati dal Nord e quelli dal Sud. Entrambi calamitati dal pulsare del  «cuore dello Stato». Noi eravamo ancora forti allora, e pensammo non fosse  sbagliato incontrarci tutti assieme per verificare la possibilità di un’azione  unitaria. Valerio Morucci, La peggio gioventù (Rizzoli, 2004) pag, 87
Gli incontri non portano a nulla di concreto solo scambi di  notizie e prestito di qualche arma. Mettono però, in evidenza, secondo il  racconto di Morucci, le differenze ideologiche.
  Eravamo tutti comunisti, volevamo fare la rivoluzione, un  accordo lo avremmo trovato. Sbagliato. Perché loro, le br, non erano comunisti  qualsiasi, erano stalinisti. Che è tutto un altro dire, e fare. Per loro non è  mai stato più importante combattere il nemico comune quanto annettersi o,  nell’impossibilità, eliminare prima tutti quelli che potessero fargli ombra  […]Moretti e Bonisoli, si attorcigliavano sulle sedie ogni volta che gli  parlavamo del nostro intervento nei quartieri proletari. La lotta sulle bollette  del telefono e della luce, l’occupazione delle case, la scuola. Apriti  cielo.
  Giusto due giorni dopo che avvenne l’omicidio Coco avevamo  una riunione della trilaterale combattente. Incontrai prima in strada il  compagno dei NAP. Era d’accordo con me che Coco poteva anche andare bene. In  fondo se l’era cercata, rimangiandosi la liberazione dei detenuti politici che  aveva accordato in cambio del rilascio del giudice Sossi sequestrato dalle br  nel ’74. Ma non dovevano uccidere anche la scorta. Soprattutto quel povero  disgraziato che se ne stava in macchina lontano dal luogo del fatto  […]Manifestammo i nostri dubbi a quelli delle br. Risposta: «Siamo in guerra  con lo Stato, rimangiandosi la parola su Sossi hanno voluto la guerra e  l’avranno. Andava eliminata anche la scorta». Sottinteso: «Se non avete il  fegato tiratevi indietro». Ibid

            8 giugno 1976 a Genova un commando delle Br uccide il Procuratore Francesco Coco
La guida del Movimento proletario 
Il problema della guida delle lotte diventa sempre più  centrale in tutte le forze antagoniste che praticano la “violenza  proletaria”. Le FAC non fanno eccezione e ben presto si dividono. C’è l’ala militarista  che considera le Br l’unica struttura in grado di guidare il MPRO. Antonio  Savasta, uno dei grandi pentiti delle Br riassume così questa posizione:
        
          […] compito principale ed esclusivo delle Brigate Rosse  fosse di portare l'attacco al cuore dello Stato. Solo a partire da questo era  possibile organizzare le masse. In sostanza dovevano essere le Brigate Rosse ad  elaborare la linea politica da perseguire, rispetto alla quale l'Autonomia  avrebbe dovuto evolversi abbandonando le strutture legali di massa. Interrogatorio Savasta del 09/02/1982 in CM1, vol. 55,  pag. 628
Un’ala più “movimentista” si identifica con le idee degli ex  capi di Potere Operaio Piperno e Scalzone e vede proprio in Faranda e Morucci i  principali sostenitori. Ancora una volta è Savasta a spiegare questa posizione:
  Secondo Morucci, Faranda, Rosati e Davoli, le F.A.C dovevano  svolgere un ruolo di cerniera tra le Brigate Rosse e l'Autonomia. All'epoca le  Brigate Rosse erano impegnate nella lotta alle Istituzioni dello Stato, mentre  l'Autonomia portava avanti la lotta sui bisogni delle masse (casa, lavoro,  occupazione) Le F.A.C. avrebbero dovuto collegare questo due strategie nel  perseguimento di un unico obiettivo che era quello di creare uno Stato  rivoluzionario diretto dal proletariato. Ibid
Lo stesso Morucci chiarisce la sua posizione:
  Il fatto è che noi non volevamo un’organizzazione che stesse  «sopra» il movimento, ma «dentro». Non che portasse a sé i militanti  rivoluzionari, ma che portasse a loro la capacità di combattere. Valerio Morucci, La peggio gioventù ( Rizzoli,2004) pag. 86
Dilaniate dalle polemiche le FAC si dividono in tanti  piccoli gruppi che si scambiano pesanti reciproche accuse. 
  Per farla breve, ci provammo per tre anni. Fondando,  spaccando e rifondando. Eravamo partiti in tanti: Milano, Torino, Genova,  Firenze; e ci ritrovammo a Roma in un pugno. Il dilemma era che tenere insieme  le due cose, l’intervento politico e quello militare, riproduceva il solito  problema. Quelli responsabili dell’intervento politico privilegiavano i «loro»  strumenti, quelli dell’intervento militare i «loro». Ibid
L'ingresso nella clandestinità 
Faranda e Morucci, che hanno inanellato un fallimento dopo  l’altro, sono ormai ad un bivio: alzare ancora il livello del loro impegno  “militare" o rinunciare del tutto alla lotta. Scelgono le Br.
  Troppe cose mi sono crollate addosso ultimamente. Sono  delusa dalla qualità umana del gruppo con cui ho militato fino a oggi,  amareggiata dalle continue fratture, ferita da quelle che mi sono apparse come  lotte interne di potere. Quello che cerco non è unicamente solidità  organizzativa, ma un sentimento forte di comunanza, di condivisione, di  solidarietà. Molto più importante, io credo, della pura efficienza, poiché  dovremmo prefigurare, nel nostro stesso modo di essere, quella differente  qualità dei rapporti per cui stiamo mettendo in gioco vite che non appartengono  soltanto a noi. Per questo credo che la scelta delle Br sia l’unica scelta  possibile. S. Mazzocchi, L'anno della tigre, Storia di Adriana Faranda (Baldini e Castoldi, 1994)  pag. 71
  Ci sembrava che non ci fosse altra via. Avevamo provato per  anni a lottare con altri mezzi, a tentare altre strade. Ma non eravamo riusciti  a combinare niente. E ormai ci eravamo resi conto che, a parte le Br, non  esisteva un’altra organizzazione in grado di praticare la lotta armata. Allora,  nonostante la nostra adesione non fosse al cento per cento, decidemmo di  accantonare ogni perplessità e di compiere il gran passo. Per noi, all’epoca,  era importante il fine. Ed era quindi necessario lasciar da parte le teorie, i  dubbi e i tentennamenti.» Ibid, pag. 75
Gli incontri con le Br sono in atto, come visto, da diversi  mesi e quando all’inizio dell’estate del 1976 Morucci e Faranda accennano alla  volontà di entrare nell’organizzazione i br scesi dal Nord accettano di buon  grado 
 A Roma insieme a Moretti ci sono altri due regolari del  Nord: Franco Bonisoli e Carla Brioschi. Abituati alle lotte operaie delle  fabbriche, la capitale è un universo sconosciuto. Le forze antagoniste sono  frastagliate in mille rivoli; l’università, i comitati di quartiere, i  collettivi di grandi aziende di servizi come L’Enel, la Sip ed il Policlinico  Umberto I.
 I brigatisti girano a vuoto e hanno capito che per far  decollare la colonna romana devono per forza puntare sull’eterogeneo  “movimento” della capitale.
L’incontro tra Morucci, Faranda e le Brigate Rosse si basa  su una serie di compromessi. Da una parte Moretti e gli altri Br rinunciano  alla pregiudiziale “operaia” ed alla rigorosa compartimentazione aprendo alla  “confusione movimentista” dei romani. Resta però la diffidenza verso le  posizioni fin lì espresse dai due ex militanti di Potere Operaio. Dall’altra  Morucci e Faranda, mettono da parte, le differenze ideologiche, sperando in un  velleitario cambiamento della linea politica operando dall’interno, attratti dall’organizzazione  e i risultati delle Br.
  Le BR avevano tagliato il nodo. Non c’era separazione tra le  due anime. Anche perché, essendo clandestini e provenendo da una minuscola  esperienza, di intervento politico non è che ne facessero granché. Era quello  il nodo che comunque strozzava. Se eri clandestino, se avevi sacrificato  all’attività militare l’internità al movimento, l’organizzazione reggeva. Se  invece non volevi sacrificare nulla, tenere insieme e il movimento e l’attività  militare, l’organizzazione non reggeva. Valerio Morucci, La peggio gioventù ( Rizzoli,2004) 
Le differenze e le diffidenze, però restano e  contraddistingueranno tutta la travagliata presenza dei due “romani”  all’interno delle Brigate Rosse.
I colloqui tra Moretti ed i due romani vanno avanti per  tutta l’estate del 1976. A Morucci e Faranda ,vista l’urgenza di organizzare la  colonna e il ruolo che hanno all’interno del movimento romano, viene offerto un  percorso privilegiato. Venendo meno ad una prassi consolidata, i due  entrerebbero subito come regolari. Dopo un agosto di discussioni e dubbi,  specialmente da parte della Faranda, al ritorno dalle vacanze, il 28 Agosto,  hanno l’incontro decisivo con Moretti ed entrano in clandestinità.
Morucci, abituato da anni ad agire nell’illegalità si mette  subito all’opera nel ruolo di responsabile del fronte logistico. Matteo, questo  il nome di battaglia scelto da Morucci, una volta all’interno della colonna,  però, si rende conto che praticamente il fronte esiste solo sulla carta.
  A quell’epoca quando entrai nelle Brigate Rosse, era il  1976, il fronte logistico era composto da una sola persona: io. A Roma c’erano  solo tre militanti regolari erano Moretti, Bonisoli e Carletta Brioschi. Valerio Morucci,  Processo Moro, Appello 
  Molto più travagliata la scelta di Adriana Faranda. L'idea  maturata insieme a Valerio e avallata da Moretti, prevede l'ingresso come  regolare. Ciò vuol dire interrompere qualsiasi tipo di contatto con le persone  esterne all'organizzazione. Soprattutto con Alexandra: la figlia. Il rapporto  con la bambina, che ha poco più di 5 anni, è già saltuario ed Adriana, che  intravede il suo futuro, sta cercando di staccarsi dalla figlia in modo  graduale: 
  Fino ad allora Alexandra era sempre stata con me ed io prima  di staccarmi da lei volevo almeno preparare il terreno. Così cominciai a  lasciarla da mamma anche per più giorni di fila. Infine abbandonai casa mia e  con Ale andammo a stare da alcuni amici. S. Mazzocchi, L'anno della  Tigre, cit.,  pag.  68 
L'abbandonare Alexandra si rivela però una prova troppo  impegnativa e, malgrado la scelta presa, al momento di entrare in clandestinità  si tira indietro inventando scuse poco credibili. I suoi tentennamenti  costringono l'esecutivo delle Br, già diffidente verso i “romani”, a “congelarla”  e porre un ultimatum: deve decidere in fretta. 
  È il momento più difficile della mia vita, [...] Sento che  la scelta delle Brigate rosse è l’ultima delle scelte possibili. L’alternativa  è rinunciare.[...] Il mio modo di essere mi impone di essere conseguente alle  mie convinzioni e al mio percorso politico e umano. Il mio sentimento di madre  mi reclama accanto ad Alexandra, e mi dilania il cuore. La mia consapevolezza  di madre mi interroga sulle tante Alexandra che preferiamo dimenticare Ibid.,pag. 71
Soltanto a fine anno compie il grande salto ed entra in  clandestinità diventando un “regolare” delle Br. Unico flebile segno che la  tiene legata alla sua bambina e il nome di battaglia che sceglie: Alexandra  quello della figlia. Anche a lei viene assegnato il ruolo di capo del fronte  della controinformazione.
Con l’entrata di Morucci e Faranda di fatto nasce la colonna  romana delle br. 
